Quando un video può cambiarti la giornata
Questa mattina sul sito del corriere della sera è stato pubblicato questo video che è capitato per caso sul mio telefono prima di alzarmi dal letto.
Non saprei dire perché abbia catturato la mia attenzione fin dalla descrizione e quale sia stato il motivo che mi ha spinto a premere la freccetta del play. Probabilmente si è trattato di un po’ di quell’automatismo che spinge ormai la maggior parte di noi a guardare il nostro iPhone in media ogni 2/3 minuti, misto ad un desiderio di prolungare a tutti i costi la permanenza nel tepore del piumone, sia pure per pochissimi istanti ancora, cercando istintivamente una scusa, anche la più insignificante. Soprattutto oggi, che la primavera si può vedere giusto soltanto sul calendario.
Fatto sta che questi due minuti di vita vissuta filmati forse per caso e sicuramente senza alcuna intenzione pubblicistica da parte degli autori, mi hanno catturato totalmente e inaspettatamente, influenzando in modo positivo l’inizio della mia giornata. E adesso che è passata l’ora di pranzo, il ricordo di quel video ancora non mi abbandona: continua a farmi riflettere e sorridere, o meglio ridere proprio di gusto, anche ad alta voce, mentre mi convinco che, inestricabilmente intrecciata all’aspetto umoristico di quella manciata di secondi ci sia una profonda, profondissima lezione di vita.
Non so quanti di voi concorderanno, ma io penso davvero che se non conoscessimo la sua origine, potremmo sicuramente restare ingannati e credere che questo filmato possa essere un cortometraggio (molto corto, lo ammetto) girato da un autore cinematografico così colto e raffinato che in pochi fotogrammi è stato in grado di ricreare alla perfezione lo spirito della più grande commedia all’Italiana. Quella dei De Sica o dei Monicelli per intenderci. Quella che fra gli spasimi di una risata, ti faceva scendere, improvvisa, una lacrima; quella che nascondeva abilmente pillole di amara verità nella leggerezza saporita del divertimento.
C’è tutto. Ci sono i tempi giusti, la progressione drammatica, le sfumature psicologiche dei tre personaggi, la naturalezza degli “attori”, ma soprattutto c’è un modo di amare, quello ruvido e autentico che ti vuole preparare davvero alla vita. Non quello delle coccole e delle dichiarazioni affettuose, ma quello di chi, magari volendo disperatamente abbracciarti, sopprime il suo desiderio e ti dice invece: “pedala! vedrai che il freddo ti passa!”.
Allora questi ragazzi, specialmente il secondo – con cui il film raggiunge il picco di tensione che era nata nel dialogo con l’altro ragazzo a cui viene dato una bevanda energetica – quello più giovane, non riceve ovviamente qualcosa di caldo o un passaggio in macchina (è bellissimo e tenero il tono con cui risponde seriamente “no” alla proposta sarcastica del coach di salire per un po’ sull’ammiraglia), ma riceve molto di più: una spinta alla vita, un incoraggiamento a non arrendersi, anzi ad aggredire l’ostacolo, ad attaccare la salita e il freddo, ad andare in testa al gruppo.
Amore. Amore puro.
Soprattutto perché proprio alla fine del video, quando il ragazzino si è ormai scosso, si è già alzato sui pedali e ci ha già messo dentro tutta la sua forza per andare a diventare uomo, il coach, che sicuramente è stato anche lui per anni su una sella là fuori al freddo e alla pioggia, gli grida: “ci vuole grinta Matteo! È uno sport di merda!”
Dove implicitamente gli dice anche “sei un eroe! Sei il mio eroe”. Amore. Amore vero.
Da commuoversi.
Questo “esempio” e’ esattamente cio’ che personalmente mi aspetto sempre da coloro che costituiscono, in un certo contesto, un riferimento e una guida.
E’ quello di cui ho costantemente bisogno affinche’ possa avere conferma che chi mi sta insegnando qualcosa o mi sta guidando in qualcosa, voglia davvero, come me, che io raggiunga il risultato.
Coloro che, per non urtare la suscettibilita’ di chi sta imparando, tacciono o, peggio, lodano ingiustificatamente, alla mia vita non servono a nulla.
Questo “pezzo” dovrebbe essere propedeutico per tutti gli “insegnanti” e gli “allenatori” veri.
Per fortuna, alcuni, ma troppo pochi, gia’ sono cosi’.