Qualche anno fa, quando vivevo a Londra, ho avuto l’onore di conoscere Edna O’Brien, la grande scrittrice irlandese autrice di molti romanzi di successo, tra i quali il famoso e scandaloso The Country Girls (in italiano Ragazze di campagna) con cui, negli anni ’60, scosse il puritanesimo della sua cattolicissima Irlanda.
Mi è anche successo, tramite una comune amica, di ballare un tango per lei nel giorno del suo ottantesimo compleanno e di vederla emozionata e commossa per quel regalo inaspettato.
Dopo quel giorno mi chiese di scrivere qualcosa per lei, per farle capire cosa era, almeno per me, il tango. Stava scrivendo la sua autobiografia e voleva metterci dentro anche quell’esperienza, parlandone con cognizione di causa.
Fin lì avevo sempre pensato che definire dal punto di vista emotivo un fenomeno così sfaccettato e ricco come il tango argentino volesse dire banalizzarlo e facevo mio il motto attribuito a Frank Zappa che dice: “parlare di musica e come danzare di architettura”.
Ma, come dire, se ad invitarti a giocare a calcio con lui è Maradona, non è che puoi rispondergli che ti piacerebbe molto ma hai paura di sporcarti i pantaloncini.
Allora mi son dato una mossa e ho scritto per lei ciò che segue. La ricompensa è stata duplice. Dopo una settimana dalla consegna del mio pezzo, mi sono visto recapitare a casa un enorme mazzo di rose e un bigliettino di ringraziamento da parte di lei: Edna/Maradona. E poi, dopo un anno, l’autrice mi ha regalato una copia della sua nuova autobiografia Country Girl: a memoir (uscita in italiano con il titolo di Country girl: un’autobiografia”, Elliot editore 2013) con una dedica che diceva: “Caro Stefano, grazie delle tue parole sul Tango. Come potrai vedere, ne ho inserite qualcuna in questo libro. Se pensi che si tratti di plagio, chiama pure il tuo avvocato.. con affetto, Edna”.
Ovviamente il pezzo che segue lo scrissi in inglese. Quindi mi sono auto tradotto. Eccolo qui.
Per Edna. Il Tango secondo me
Succede molto raramente nella vita di tutti i giorni di trovarsi ad abbracciare un’altra persona per 3-4 minuti senza che quell’abbraccio conduca a qualcos’altro, in genere una qualche forma di interazione sessuale. Di solito quando si abbraccia un amico o amica o un parente non stiamo in contatto per più di 5/6 secondi, dopo i quali, se l’altro non molla, allora spesso si inizia a strofinargli la mano vigorosamente sulla schiena per sfuggire all’imbarazzo di mantenere quella stretta, per evitare quel silenzio di un abbraccio puro senza alcun orpello.
È come quando siete in un ascensore con uno sconosciuto: dopo aver premuto il pulsante del piano, tutti e due cominciate a pensare a qualcosa da dire, qualsiasi banalità, pur di rompere l’imbarazzo di due corpi che, loro malgrado, si trovano a distanza troppo ravvicinata, senza l’intenzione di una intimità ulteriore.
Il tango è molte cose, la sua complessità e profondità rendono difficile tradurre il suo mondo in parole. Ma se dovessi cominciare da qualche parte, partirei proprio da qui: il Tango è una bellissima scusa per abbracciare qualcuno per un tempo molto più lungo di quanto le convezioni sociali normalmente consentano.
Lunghi abbracci accadono ovviamente nell’intimità amorosa, ma in quel caso, normalmente, l’intrecciarsi delle braccia diventa un gesto propedeutico, un atto gregario al servizio di qualcosa di più complesso e profondo che sta per succedere o sta già succedendo fra quei due corpi.
Ecco, il Tango è il coraggio di mantenere un abbraccio con un’altra persona, senza l’imbarazzo delle convenzioni e senza dare adito allo sviluppo di un qualche atto sessuale.
Il tango è prima di tutto un abbraccio puro, coraggioso e prolungato fra due esseri umani. Si potrà obiettare che questo è un elemento comune a molte altre danze di coppia, ed è certo vero che altre forme di ballo portano quel tipo di piacere. O almeno una sua versione diluita.
Ma il tango argentino è diverso. E’ unico. E la sua unicità risiede nel fatto che il suo abbraccio non è soltanto puro e coraggioso, ma è anche completo, assoluto. Nel Tango argentino è possibile ballare tutta la canzone con i due corpi, dalla cintura in su, completamente aderenti l’uno all’altro, senza mai perdere il contatto del petto del partner. Una delle prime conseguenze di questa postura è che si sente addosso il battere di un cuore che non è il tuo. Non è poca cosa, se ci pensate. Quando senti il cuore di un’altra persona battere sul tuo petto e allo stesso momento senti la sua mano nella tua, e l’altra dietro ad avvolgerti la schiena, ti senti potente, ti senti in grado di affrontare senza paura qualsiasi sfida che la vita possa lanciarti contro. Ti senti riparato, al sicuro.
Poi c’è la musica. La musica e le parole. La musica, le parole e le gambe. Le gambe che cantano la musica e le parole. Insieme. Quattro gambe che si muovono come se appartenessero ad un unico corpo. Magia. Già, perché non c’è alcuna coreografia, nessun accordo a priori con la compagna. Tutto è improvvisato. O vi capite o no. Non ci sono prove né rete di protezione, come nella vita. Ogni scena puoi solo farla una volta, sempre buona la prima.
Le gambe si muovono e sembrano respirare con le onde della melodia e con i battiti del ritmo, disegnando forme invisibili sul pavimento. Linee e curve fugaci scritte sulla sabbia di un attimo presente che subito cede a quello successivo.
E mentre balli hai la netta sensazione che quello che succede là sotto, sul pavimento, non siano solo passi, ma lo sbocco di un complesso crogiolo di emozioni che sono generate lassù, nell’abbraccio; la terminazione estrema di pensieri segreti che girano vorticosamente nella testa per poi scendere attraversando il corpo e diventare gesti fisici. Emozioni e pensieri che nessuno mai avrà l’abilità o il coraggio di tradurre in parole.
L’intreccio delle gambe che si muovono insieme sulla pista è poesia vivente. Poesia di carne. Perché quando viaggiano trapassandoti il corpo e diventando quello che i più chiamano passi, queste emozioni e pensieri si impregnano di tutta la fisicità che questo abbraccio puro, coraggioso e assoluto è capace di produrre: il contatto con la pelle, l’ebbrezza data dal profumo dell’altro, il fondersi dei sudori, l’incontro dei fiati, la sincronizzazione dei due battiti cardiaci. Poesia di carne così fuggevole ed effimera, che ogni volta che vuoi goderla ancora puoi solo rifarla di nuovo da zero. Ma la prossima canzone, la prossima emozione non sarà mai più come quella di prima. Nessun attimo si ripete. Mai. Come nella vita.
Caro Maestro, hai scritto cose bellissime, arrivare all’abbraccio cui tu fai riferimento è però un lungo percorso, io ci sono arrivato forse dopo 5 anni, tanto c’è voluto per superare le mie timidezze, il timore di invadere l’intimità dell’altro partner, di essere respinto con cortesia, allontanando l’abbraccio, si deve stabilire piano piano un equilibrio man mano che si svolge la tanda tra i due corpi, ci vuole tempo per capire… ci vuole rispetto nella coppia appena formata, ci vuole rispetto nei livelli spesso molto diversi dei due ballerini.
Ma aggiungo una cosa, è particolare anche il momento in cui la musica si ferma e si aspetta il brano successivo che tarda ad arrivare e si resta abbracciati, le mani non si lasciano, i corpi sono vicini come si conoscessero da sempre.
Gianni, grazie. Concordo. La vicinanza è spesso la metà di un lungo viaggio. Del resto però ci sono a volte i momenti di luce improvvisa, quelli di cui parla il Pedro Salinas in questa bellissima poesia che riporto qui sotto come spunto di riflessione e godimento:
Non ho bisogno di tempo
Non ho bisogno di tempo
per sapere come sei:
conoscersi è luce improvvisa.
Chi ti potrà conoscere
là dove taci, o nelle
parole con cui tu taci?
Chi ti cerchi nella vita
che stai vivendo, non sa
di te che allusioni,
pretesti in cui ti nascondi.
E seguirti all’indietro
in ciò che hai fatto, prima,
sommare azione a sorriso,
anni a nomi, sarà
come perderti. Io no.
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
nuda ormai dell’equivoco,
della storia, del passato,
tu, amazzone sulla folgore,
palpitante di recente
ed inatteso arrivo,
sei così anticamente mia,
da tanto tempo ti conosco,
che nel tuo amore chiudo gli occhi,
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura
con cui si riconoscono lettere
e forme e si fanno conti
e si crede di vedere
chi tu sia, o mia invisibile.
Pedro Salinas
🤗
Bhè! Che dire, non mi ero sbagliato nell’averti considerata persona elegante e raffinata quando ti vidi da Zotto.
La capacità di proporre il Tango in maniera letteraria, quasi lirica, è “roba” da Intellettuale. Vedi dedica ad Edna O’Brien.
Continuerò seguire il tuo sito e partecipare tuoi eventi se invitato.
Grazie.
I miei più cordiali.
Pasquale.