Durante lo scorso ponte dell’Immacolata avevo letto questi tre libri e mi ero appuntato su Facebook alcune riflessioni su di essi. Adesso che ho un contenitore più sistematico trasferisco qui ciò che scrissi a caldo in quei freddi giorni di dicembre.
Poter cominciare un libro e terminarlo il giorno dopo è un lusso che non sempre è possibile concedersi,
e allora in questi giorni di vacanza, ho voluto di proposito rinunciare a gite, viaggi e uscite varie proprio per concedermelo ben tre volte di seguito. Questi sono i tre titoli che mi hanno tenuto compagnia in questi giorni, con brevi riflessioni mie personali per chi avesse interesse a qualche spunto per le prossime letture:
1) “La scomparsa del pensiero” di E. Bencivenga che affronta un problema filosofico osservabile, diciamo, anche ad occhio nudo, nel quotidiano. La tesi dell’autore, professore di Filosofia dell’Università della California, è che nella società digitale odierna, basata su una forte presenza della tecnologia che permea di sé ogni aspetto dell’agire umano, sta scomparendo l’abitudine al ragionamento logico. L’uomo, in mezzo al frastuono e alla fretta dell’enorme quantità di informazioni e della facilità di reperimento di queste ultime, sta perdendo la capacità di usare il Logos, perché oramai c’è chi ragiona per lui. E allora finisce per consegnarsi arrendevolmente nelle mani del Pathos, cioè dell’emotività, offrendo però in questo modo la sua vulnerabilità a possibili manipolazioni da parte di chi quella tecnologia la gestisce. Alla fretta e al frastuono, Bencivenga contrappone invece il bisogno di tornare al silenzio e, perché no, alla noia, come generatrice del desiderio di esercitare la nostra mente con pratiche non superficiali che rimettano in moto una abilità specifica dell’essere umano, cioè la capacità di analizzare criticamente i fenomeni e di ragionarvi sopra con lucidità logica, per ristabilire un sano equilibrio fra Logos e Pathos.
2) “Origin” di Dan Brown. A parte la capacità dell’autore di costruire meeccanismi narrativi a cremagliera di una perfezione ammirevole, la materia su cui si innestano questa volta le rocambolesche peripezie dell’ormai famoso Prof. Langdon dà spunto a riflessioni di carattere etico-filosofico aventi per oggetto il rapporto fra scienza e religione; fra due punti di vista opposti e due modi quasi sempre in conflitto fra di loro di dare risposte alle due domande che l’uomo si è posto da sempre e in ogni epoca: “da dove veniamo” e “dove andiamo”.
Per una curiosa coincidenza del caso, segnalo poi che in un certo senso i due libri sono accomunati da un tema presente in tutti e due: cioè l’interrelazione dell’uomo con la macchina; del cervello umano con la tecnologia. Del libro di Bencivenga ho già detto. Di quello di Brown non voglio dire molto per non rovinare la sorpresa a chi vorrà leggerlo (odio il verbo “spoilerare”, è come dire “ti lovvo”). Dirò solo che anche in Origin si pone il problema di come il rapido avanzare delle conoscenze tecnologiche (nella fattispecie l’intelligenza artificiale) influirà sulla sopravvivenza dell’intelligenza umana.
3) “ Un infinito numero” di Sebastiano Vassalli porta invece il lettore lxontano dalla tecnologia moderna catapultandolo indietro all’epoca dell’Impero di Ottaviano Augusto. Un periodo storico che fa da sfondo a un episodio personale della vita del grande poeta Virgilio mentre compie un viaggio nelle terre etrusche in cerca di storie sulle vere origini di Roma, accompagnato dal suo fedele segretario (ex schiavo) Timodemo e dal suo “editore” e amico, il famoso Mecenate. Quindi, per un altro gioco del caso, questo libro finisce per avere qualcosa in comune con il secondo nella ricerca a ritroso delle origini, siano esse di una città e di un popolo o dell’umanità intera.